Ape stanca, danzatrice pessima

Come vi sentireste voi se doveste affrontare le quotidiane pulizie domestiche o, peggio ancora, le giornate lavorative, se la notte vi fosse precluso il sonno? Sicuramente non nella maniera ideale! Possiamo a lungo dibattere se ci sia bisogno di 6, 7 o 8 ore, o anche di più o di meno per poter riposare nella maniera ideale (vai a questo post per saperne di più), ma una cosa è certa: senza dormire almeno un po’ la nostra vita sarebbe impossibile, perché prima o poi sarebbe inevitabile un crollo fisico.
In un post risalente ad alcuni giorni fa ho parlato della danza delle api, un brillante esempio di come un animale sappia sfruttare la matematica per comunicare la localizzazione di una fonte di cibo ai suoi conspecifici. Proprio a proposito di questi meravigliosi ed affascinanti insetti è il caso di tirare in ballo l’argomento “sonno”, perché da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences emerge che se alle api viene ridotta la quantità di ore di sonno in maniera significativa, la “danza dell’addome”, che esse mettono in atto per comunicare dove si trova una fonte di cibo, risulta meno efficace.
Per le api non si può parlare di un vero e proprio sonno come lo intendiamo noi, ma esiste uno stato di inattività/riposo che possiamo chiamare sonno e si realizza di notte, di cui le api hanno bisogno per poter recuperare le energie necessarie che vengono poi spese nei momenti di febbrile attività.
Sul riposo e sul sonno degli insetti, tuttavia, si sa ancora poco, e gran parte di ciò che si sa è frutto di supposizioni logiche o comparative col resto degli animali; tale recente studio, invece, rappresenta uno dei pochi in grado di poter offrire un’evidenza di cosa accade quando un insetto viene privato delle ore di “sonno”.
L’Insominator
Il team di ricerca di Barret Klein ha allestito il seguente esperimento: a 25 api scelte come campione sono stati affissi dei dischi magnetici d’acciaio, mentre ad altre 25, scelte come gruppo di controllo, sono stati affissi dei dischi non magnetici di rame, ed è stato fatto in modo che entrambi i gruppi di api conoscessero la posizione di una soluzione zuccherina posta ad un chilometro di distanza dall’alveare; durante la notte un apposito macchinario magnetico, chiamato “Insominator”, veniva fatto passare lungo una parete dell’alveare per 12 ore, in modo tale da arrecare disturbo e nel contempo non perdere di vista il gruppo delle 25 api equipaggiate con dischi magnetici.
Cosa si è osservato con questo esperimento?
Klein ed il suo team di ricerca dell’Università del Texas ad Austin hanno osservato il comportamento delle 25 + 25 api nell’arco di una ridotta scala temporale, pari a 24 ore, che complessivamente hanno attuato ben 545 danze dell’addome.
Le 25 api “magnetiche” erano decisamente meno abili delle 25 “non-magnetiche” nell’indicare la  semiretta della direzione da seguire alle compagne, ma non tanto la distanza: evidentemente per le api dev’essere più impegnativo, dal punto di vista fisiologico, comunicare con precisione l’angolazione indicante la direzione, anziché la distanza in linea d’aria a cui si trova la fonte di cibo. Guarda il video in basso:
Klein inoltre precisa che il magnetismo impiegato nell’esperimento non ha alcuna incidenza sulla capacità comunicativa dell’insetto in questione, dal momento che lo stesso esperimento è stato condotto anche in condizioni di assenza di stress e non deprivazione di sonno, e le api non hanno mostrato alcuna imprecisione.
Tale risultato è veramente importante, perché spiana la strada a nuove indagini ed anche a nuovi interrogativi: le api a cui è giunta una comunicazione imprecisa e imputabile a condizioni di stress, sanno comunque raggiungere efficacemente la fonte di cibo? O sbagliano? E se sbagliano, sanno apportare fattori di correzione? E se così non fosse, si potrebbe affermare che esistono colonie di api più stressate ed altre meno stressate, con differenti capacità organizzative e quindi anche di foraggiamento?
Speriamo di ottenere presto una risposta a tali interrogativi, interessanti non solo per tutelare una specie animale, ma anche per poter convivere pacificamente con essa cercando di trarne anche il miglior vantaggio possibile.

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