Le più antiche testimonianze archeologiche dell’aritmetica (1° parte)

E’ ormai risaputo che la matematica non sia nata in Grecia, nonostante ancora oggi molti (disinformati) si ostinino ad affermarlo. Molte popolazioni, ben prima dei Greci, avevano già sviluppato capacità matematiche notevoli: basta pensare, ad esempio, alle conquiste geometriche degli Egizi o a quelle aritmetiche dei Babilonesi, dai quali abbiamo ereditato il sistema di numerazione sessagesimale, che quotidianamente utilizziamo per la misura del tempo (e degli angoli).

Tuttavia, spesso ci si basa su fonti storiche provenienti da testimonianze scritte, per comprendere le conquiste matematiche compiute da un dato popolo, dimenticando che la matematica ebbe inizio dal bisogno di contare qualcosa, senza dover necessariamente aspettare l’invenzione della scrittura (verificatasi tra il 3600 e il 3300 a.C. in Mesopotamia) per registrare l’evento nel tempo. Quindi, se c’era il bisogno di contare qualcosa, perché non farlo mediante supporti facilmente trasportabili ed utilizzabili, quali sassi, funi, legname o ossa?

Le più antiche testimonianze di un possibile “conteggio” aritmetico, infatti, sembrano essere ben anteriori al 3600 a.C.. Risale a circa 40.000 anni fa la più antica testimonianza archeologica di natura aritmetica, nella forma di un osso di lupo (una tibia) rinvenuto nell’ex Cecoslovacchia nel 1937, con incise 57 tacche separate in 11 gruppi da 5 (con resto di 2… ^__^). A 35.000 anni fa, invece, risalirebbe un altro osso, rinvenuto in Africa meridionale: una fibula di babbuino con 29 tacche incise

Osso di lupo

Cosa era stato contato con queste ossa? Presumibilmente il numero di animali uccisi durante una o più battute di caccia, o semplicemente il numero di giorni che separavano eventi importanti, quali potevano essere rituali propiziatori e simili, ma la motivazione potrebbe essere anche del tutto diversa! Alcuni studiosi hanno addirittura ipotizzato che l’osso di lupo possa rappresentare una sorta di primitivo sistema numerico di base 5, che poteva ad esempio trovare impiego nel contare le pecore di un gregge in gruppetti da 5, in modo da facilitarne il conteggio visivo.
Al di là della reale motivazione delle tacche – che potremo solo supporre senza mai dimostrarla – è senz’altro più importante riflettere sul significato della loro presenza: l’uomo ha sempre avvertito il bisogno impellente di contare qualcosa per soddisfare i suoi bisogni primari. Soprattutto, però, questi manufatti rendono evidente la nascita del concetto di quantità numerica, perché una pecora, una tacchetta o anche un sassolino, al di là delle caratteristiche fisiche diverse, condividono qualcosa: sono in numero uguale!
Possiamo pertanto affermare che, in occasioni come queste, nasce il concetto primitivo di numero naturale.

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