Nasce Homo musculus: un topo “umanizzato” per studiare meglio alcune gravi patologie

Le infezioni croniche di malaria ed epatite B (HBV) e C (HCV) che si verificano in oltre 800 milioni di persone nel mondo, provocano almeno 1,5 milioni di morti all’anno. Nonostante siano stati compiuti notevoli passi avanti nel trattamento e vaccinazione per queste patologie riguardanti il fegato, ancora non si può affermare di essere in grado di contrastarle attivamente. Il progresso è stato ostacolato per diverse ragioni, la principale delle quali è la mancanza di un efficace modello di ricerca su cui condurre una sperimentazione attenta e sistematica. E’ infatti importante ricordare che in molti Paesi esiste il divieto etico di fare ricerca sugli scimpanzé e che le colture cellulari appositamente create per studiare una patologia spesso hanno uno scarso riscontro con quanto accade “in vivo”. Come trovare allora un efficace modello di ricerca?
Sembra che una timida risposta a questa domanda possa essere fornita da recenti progressi compiuti nella creazione di un modello di topo con caratteristiche “ad hoc”, che potrebbe spianare la strada verso una nuova era di ricerca e trattamento di queste gravi malattie: un topo che possa avere contemporaneamente cellule di fegato e sistema immunitario entrambi di tipo umano, battezzato con il nome di Homo musculus dalla combinazione di Homo sapiens, nome scientifico dell’uomo, e Mus musculus, nome scientifico del topo. Certamente non si tratta di una mission facile: creare dei topi con cellule del fegato umano significa innanzitutto annientare il sistema immunitario del topo in modo da impedirne il rigetto, ma le conseguenze peggiori dei virus dell’epatite B e C possono partire proprio dalla risposta immunitaria ai virus stessi; senza un sistema immunitario intatto, sarebbe pertanto compromesso uno studio completo di come operano questi virus e di quali potrebbero essere punti di forza e debolezza di una nuova terapia.
Il team di ricercatori del Salk Institute for Biological Studies è recentemente riuscito in quest’impresa: creare topi con un fegato capace di ospitare una quantità di cellule umane sufficiente a studiare appropriatamente i virus HBV e HCV, e con il sistema immunitario “silenziato”. Gli antigeni virali presenti nelle cellule del fegato ne hanno dato la dimostrazione.
La creazione di topi col fegato “umanizzato” rappresenta tuttavia solo il primo dei due grandi ostacoli da superare: bisognava ancora fare in modo che in questi topi si sviluppasse un sistema immunitario simile a quello umano, per poter avere modo anche di valutare l’entità della risposta immunitaria all’attacco virale. Gli sforzi più recenti hanno puntato l’attenzione sull’iniezione di cellule del sangue umano in topi il cui sistema immunitario era stato preventivamente depresso. La risposta immunitaria antivirale, comunque, non è ancora paragonabile a quella che si verifica negli umani, per cui le ricerche attuali stanno puntando maggiormente l’attenzione sull’aggiunta di ulteriori elementi del sistema immunitario umano, ma cercando di impedire il più possibile il rigetto mantenendo soppresso quello del topo. E i ricercatori ci sono quasi.
Tuttavia, permangono ancora barriere significative. Come spiega Charlie Rice, che insieme ad Alex Poss dirige il gruppo di ricerca alla Rockefeller University che studia modelli di topo utili a comprendere meglio il meccanismo di funzionamento dell’epatite C, il fegato ed il sistema immunitario dovrebbero idealmente provenire dalla stessa persona, in modo tale da eliminare un cambiamento genetico eventualmente coinvolto nella risposta al virus o ad un nuovo farmaco. Inoltre, fegato e sistema immunitario umani necessari per il trapianto sono difficili da reperire: sono costosi, disponibili in quantità limitate e sollevano non pochi problemi di carattere etico. Una soluzione ad entrambi questi problemi potrebbe essere di cominciare con cellule staminali capaci di differenziarsi in fegato e componenti del sistema immunitario umani, ma già all’interno del corpo del topo e non in colture. Bisogna, insomma, fare in modo che il sistema immunitario umano, all’interno del topo, funzioni proprio come un sistema immunitario umano nel corpo di un essere umano. 
La possibilità di trovare un rimedio efficace contro piaghe quali HBV, HCV e malaria, potrebbe essere indissolubilmente connessa al successo combinato di queste tecniche, considerando soprattutto che le migliori terapie attualmente sul mercato non sono del tutto efficaci ed hanno costi elevati.
Da: Homo musculus: Researchers Create a “Humanized” Mouse for Liver Disease Studies, di Jessica Wapner, 21/10/10
Si ringrazia Stephen Pitt per la prima immagine di questo post.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

WhatsApp
Telegram
Pinterest
Pinterest
fb-share-icon
LinkedIn
LinkedIn
Share
RSS
Ricevi post via email