Nuova importante scoperta: cellule della pelle possono essere direttamente trasformate in cellule del sangue
“E’ dalla pelle al cuore, che devo ritornare, …, senza farti male”; così canta Venditti in una sua recente canzone. L’allusione dell’artista è chiaramente poetica, ma ben presto potrebbe divenire una realtà tutt’altro che romantica, perché uno studio risalente ad alcuni mesi fa, condotto su dei topi dal biologo dello sviluppo D. Srivastava, del Gladstone Institute of Cardiovascular Disease di San Francisco, ha dimostrato che i fibroblasti della pelle, se trattati con il giusto “cocktail” di sostanze chimiche, possono essere trasformati in neuroni e cellule muscolari del cuore.
Uno studio ancor più recente, pubblicato su Nature il 07/11/2010, ha confermato questa linea di ricerca applicata alle cellule del corpo umano: nella fattispecie, in questo studio si è riusciti a provare che alcune cellule della pelle umana possono diventare progenitrici delle cellule del sangue. Il grande vantaggio di una scoperta di questa entità risiede soprattutto nel fatto che una procedura sperimentale del genere risulta di gran lunga più semplice da mettere in atto rispetto alla riprogrammazione di cellule adulte in cellule staminali. A ulteriore conferma di ciò sta il fatto che le cellule di sangue provenienti da cellule staminali non sviluppano la forma definitiva di emoglobina, ma presentano la forma embrionale poiché si comportano da tali in virtù della riprogrammazione genetica. Questo problema invece non si presenta quando si effettua una conversione diretta da fibroblasti della pelle a cellule del sangue.
La sperimentazione è stata condotta dal dott. Bhatia e dal suo team di ricerca, i quali sono stati in grado di trasformare fibroblasti raccolti dalla pelle di alcuni volontari in cellule progenitrici di cellule sanguigne, senza osservare alcun passaggio intermedio di tipo embrionale. Le cellule progenitrici hanno prodotto tutte e tre le categorie di cellule del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, tutte regolarmente funzionanti; i globuli rossi, in particolare, recavano la forma definitiva di emoglobina, e non quella fetale.
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Questa nuova, recente, conquista scientifica, potrebbe rivelarsi di estrema utilità nell’ambito del trapianto di organi o tessuti nell’uomo; il dott. Srivastava ha avanzato addirittura l’ipotesi di poter evitare i trapianti grazie a questi trattamenti, in quanto si potrebbe arrivare a riprogrammare in loco e ad hoc i fibroblasti di una zona del corpo danneggiata mediante l’impiego di uno stent, ma la comunità scientifica preferisce essere ancora cauta al riguardo. Un metodo che bypassa lo stadio della pluripotenza presenta infatti il rischio di produrre proliferazione tumorale una volta che siano state impiantate le cellule differenziate nel paziente. Inoltre, anche se gli studi citologici non mostrano alcuna differenza tra le cellule del sangue naturalmente presenti nel corpo umano e quelle ottenute dalla conversione diretta, è ancora troppo presto per dire che il funzionamento dei due tipi di cellule a livello genetico abbia lo stesso grado di efficienza e funzionalità.